MATTIOLI 1885
Niente è più antico e attuale, unico e immutabile del deserto. Attraverso oltre trent’anni di lavoro e ricerca, ecco il traguardo di un percorso fatto di passione. Un medico con la macchina a tracolla e il sogno di fotografare i più suggestivi deserti del mondo: Islanda, Alaska, Death Valley, Escalante, White Sands, Monument Valley, Zyon, Cile, Brasile, Paracas, Marocco, Sinai, Libia, Baja California, Namibia, Galapagos, Bolivia…
Questo volume copre oltre 30 anni di viaggi nel mondo: immagini dai luoghi più poetici e misteriosi del pianeta.
Nothing is more ancient and contemporary, unique and immutable than the desert. Through more than thirty years of work and research, here is the goal of a passion-driven path. A doctor with a camera and a dream to photograph the most striking deserts in the world: Iceland, Alaska, Death Valley, Escalante, White Sands, Monument Valley, Zyon, Chile, Brasil, Paracas, Morocco, Sinai, Libya, Baja California, Namibia, Galapagos, Bolivia…
This book spans over more than 30 years of travelling worldwide: images from the most poetical and mysterious landscapes.
di Dacia Maraini
La prima impressione di queste fotografie è quella di un respiro, leggero, profondo. I paesaggi respirano e il loro respiro è un linguaggio: misterioso come quello dei sogni, lontano dalla logica eppure così logico nella sua perfezione matematica; lontano dalla riflessione sebbene il ritmo del respiro comunichi una sensazione di serena riflessione.
Non c’è niente di riconoscibile in questi paesaggi che, sradicati dal loro contesto, sembrano davvero dei quadri astratti di una bellezza che meraviglia e sconcerta.
Cosa ci dicono questi paesaggi abbagliati dal sole o illuminati da una luna ghiacciata e mortuaria? Cosa ci suggeriscono queste immagini private della presenza umana? Da una parte l’assoluta autonomia della terra, nella sua bellezza stellare. Queste splendide superfici color pan di Spagna, questi ghiacciai dalle magnifiche punte azzurrine, queste distese chiazzate, queste rugosità da elefante, queste onde sinuose, questi tagli sbilenchi, queste anse tortuose e bianche, queste rocce striate a pelle di zebra, queste acque di un profondo blu, questi occhi salini, affermano che il mondo non ha bisogno dell’uomo. I corpi che corrono, che annaspano, che ridono e sfidano l’universo credendosi eterni, sono totalmente assenti e lontani. Forse la fine del mondo è già avvenuta e non è rimasto nessuno a raccontarlo.
Eppure qualche ombra sembra ancora aggirarsi fra questi magnifici paesaggi…
by Dacia Maraini
The first impression with these pictures is one of a breath, light, deep. The landscapes breathe and their breath is a language of its own: as mysterious as the language of dreams, far from logic and yet so logical in its mathematical perfection; far from a reflection and yet the rhythm of breath communicates a sense of calm reflection. There is nothing recognizable in these landscapes which, when taken out of context, really look like abstract paintings whose beauty astonishes and perplexes.
What do these landscapes tell us, dazzling as they are in the sunlight or illuminated by an icy and funereal moon? What do these images convey, devoid as they are of any human presence? On the one hand the absolute autonomy of the earth, in its stellar beauty. These magnificent sponge colored surfaces, these glaciers with exquisite blue spikes, these dappled expanses, this elephantine roughness, these sinuous waves, these irregular cuts, these winding blanched creeks, these zebra striped rocks, these deep blue waters, these salty eyes, all of these tell us that the world has no need of man.
Bodies that run, flailing, laughing, and that confront the universe believing in their own immortality, are totally absent and distant. Perhaps the end of the world has already occurred and nobody is left to tell the tale.
However, some shadows still seem to stir between these…